Tavole di Courmayeur

Data evento:

Courmayeur

(foto: Tiia Monto)

1995 – Codice di autoregolamentazione delle attività sportive in montagna

Considerazioni generali

Per autoregolamentazione si intende che la regola è posta dallo stesso soggetto che la deve rispettare. Le regole che seguono sono proposte -perché le rispettino – a due soggetti: la persona che pratica l’attività e l’associazione che la promuove e la organizza.  Esse si basano sull’inscindibile criterio etico-ambientale: protezione dell’ecosistema alpino e mantenimento di condizioni conformi alla natura e al significato dell’attività.

È necessario che la presenza dello sportivo in alta montagna sia sempre rispettosa della cultura e delle tradizioni locali. Non bisogna inoltre adattare l’ambiente dell’alta montagna alle esigenze degli sportivi, bensì adattare queste ultime alle realtà ambientali dell’alta montagna.

Premesse comuni a tutte le attività

Le attività sportive a cui si riferisce il codice sono tutte da considerare -in se stesse – a debole impatto ambientale. Le facilitazioni che danno origine all’iperfrequentazione dell’alta montagna e al conseguente degrado ambientale (strade, funivie, alberghi, rifugi, vie ferrate ed attrezzate) non sono in generale indispensabili alla loro pratica, ma assai spesso imputabili a interessi estranei a un genuino spirito sportivo.
Si richiede un impegno comune a tutti coloro che praticano tali attività nell’ambito delle loro associazioni, e di queste a livello organizzativo e politico-amministrativo, perché tali facilitazioni non vengano ulteriormente ampliate, ma se possibile ridotte, e perché venga limitato a casi di emergenza l’uso dei veicoli a motore (auto, motocross, motoslitte, elicotteri).
Esse devono altresì opporsi alla costruzione di nuovi rifugi, all’ampliamento di quelli esistenti, alla trasformazione degli stessi in strutture di tipo alberghiero, recuperando la loro funzione originaria di ricettività essenziale in quota.
Nell’ottica di contrastare l’iperfrequentazione si richiede alle associazioni l’impegno a qualificare il proselitismo, a non favorire la pubblicazione di guide a scopo prevalentemente commerciale e pubblicitario, a promuovere iniziative di sensibilizzazione ambientale; ai singoli si richiede l’impegno alla diversificazione e a una motivazione di tipo culturale nella scelta delle mete.
A qualunque livello di frequentazione la protezione della natura alpina esige dai singoli l’impegno a un uso minimale e corretto delle strutture esistenti e all’uso preferenziale dei mezzi pubblici per l’avvicinamento, l’abitudine alla rimozione scrupolosa dei rifiuti e di ogni genere di traccia, il rispetto altrettanto scrupoloso della natura (flora e fauna) nelle diverse situazioni specifiche delle loro attività, e quindi un certo grado di conoscenza naturalistica della zona visitata.
Stante la comunanza dei problemi ambientali, le associazioni operanti in tutti i paesi di area alpina si impegnano al reciproco rispetto dei vigenti codici di autoregolamentazione.

Regole speciali per le attività

Escursionismo
Le associazioni si impegnano a controllare l’apertura di nuovi sentieri e reti sentieristiche e a realizzare la segnaletica con tipologie di scarso impatto ambientale. Esse devono prendere definitivamente posizione contro l’installazione di nuove vie ferrate e attrezzate e, ovunque possibile, dismettere quelle esistenti, con la sola eccezione di quelle di rilevante valore storico.
Gli escursionisti si impegnano a evitare scorciatoie su terreni non rocciosi per diminuire gli effetti del dilavamento delle acque e prevenire i dissesti del suolo; si impegnano inoltre a non abbandonare i sentieri, a ridurre l’inquinamento acustico nell’attraversamento di aree protette o biotopi di particolare rilevanza scientifica, e a valutare la capacità di carico degli ambienti attraversati.

Mountain-bike
Le regole precedenti valgono anche per chi usa la mountain-bike, con particolare riferimento all’astensione dall’uso dei mezzi di risalita, che riduce la bicicletta a un semplice attrezzo per la discesa.
Si richiede inoltre alle associazioni di seguire e controllare la diffusione delle gare cercando di limitarne il proliferare; e ai singoli biker di seguire, in attesa della definizione di un codice di autoregolamentazione nazionale, le note e già sperimentate norme americane NORBA e IMBA da adattare alle differenti realtà territoriali.

Scialpinismo
L’obiettivo è quello di limitare al massimo l’impatto ambientale e, in particolare, gli effetti negativi su flora e fauna.
– Occorre rispettare la vegetazione in ogni sua forma, evitando in particolare di sciare nel bosco in fase di rinnovazione e nei rimboschimenti, limitando i danni provocati dalle affilate lamine degli sci, specie con neve polverosa e scarsa.
– Rispettare la fauna selvatica, particolarmente sensibile nella stagione invernale, caratterizzata da severi fattori ambientali, e durante il periodo riproduttivo.
– Evitare rumori inutili nell’incontro con animali selvatici, non avvicinarli né inseguirli. In particolare, durante il periodo riproduttivo dei tetraonidi, specie fortemente a rischio, astenersi da qualunque azione di disturbo nei luoghi di corteggiamento (arene di canto).
– Nel bosco, quando esistano, privilegiare le strade forestali, sia in salita che in discesa.

Scialpinismo competitivo
Nell’organizzare competizioni le associazioni si impegnino a ridurre il numero delle manifestazioni e quello dei partecipanti per ciascuna di esse. Si evitino inoltre le aree a delicato equilibrio ambientale, specie sotto il limite della vegetazione arborea.
Occorre poi astenersi da ogni modificazione dell’ambiente originario tramite la costruzione di strutture fisse di supporto alle competizioni, garantendo, al termine della manifestazione, il ripristino del percorso e delle aree adiacenti; regolamentare l’uso del mezzo meccanico di supporto, da utilizzare esclusivamente per eventuali interventi di soccorso; evitare l’uso di cariche esplosive per provocare il distacco di valanghe. In caso di pericolo, in mancanza di un sicuro percorso alternativo, sarà opportuno rinviare la manifestazione.
Infine è necessario elaborare una strategia che consenta di ridurre al minimo l’impatto degli spettatori, utilizzando aree idonee e ben definite in cui sostare, limitando l’inquinamento visivo e acustico (striscioni e altoparlanti).

Arrampicata in palestre naturali
Si deve limitare l’apertura di nuove palestre, avendo cura di considerare – prima di farlo – l’impatto sulla flora e sulla fauna, attenendosi al parere di persone competenti e disinteressate, e del gruppo di lavoro istituito dal CAI. Nelle palestre esistenti, gli arrampicatori si impegnano al rispetto delle eventuali convenzioni vigenti e a un comportamento corretto per quanto riguarda l’asportazione dei rifiuti e il mantenimento della zona alla base delle rocce e dei sentieri di accesso.
Anche l’arrampicata su cascate di ghiaccio può avere un impatto ambientale, recando disturbo alla fauna in un periodo assai delicato per la sua sopravvivenza. Pertanto è necessario che i praticanti si attengano alle indicazioni dei competenti.

Alpinismo
L’autoregolamentazione in alpinismo si riferisce al mantenimento, o al ripristino, di condizioni ambientali conformi all’essenza dello sport alpino (wilderness = solitudine in ambiente selvaggio), e questo a partire dalla collocazione dei bivacchi fissi.
Estranei alla loro funzione originaria sono i bivacchi collocati a poca distanza dal fondovalle o da altri punti di appoggio, lungo le vie di salita o in prossimità della vetta. Le associazioni devono quindi attenersi al criterio originario nella collocazione di nuovi bivacchi e nel ripristino di quelli esistenti, procedendo alla graduale eliminazione di quelli che a tale criterio non rispondono; mantenere in efficienza i rifugi non custoditi e i locali invernali che sono punti di appoggio quasi esclusivamente alpinistici.
Per quanto riguarda l’azione alpinistica propriamente detta, qualsiasi autoregolamentazione deve basarsi sull’accettazione di una priorità. Se per l’arrampicatore sportivo tale priorità è la performance tecnico-atletica ottenuta anche grazie alla limitazione del rischio soggettivo, per l’alpinista essa è la soluzione di un problema di scalata posto dalla natura della montagna, valendosi esclusivamente dei mezzi di protezione e di progressione che essa consente.

Le regole che derivano da questo principio sono le seguenti.
1) La costruzione artificiale di itinerari di arrampicata mediante perforazione della roccia deve essere limitata alle pareti che già si sono prestate naturalmente all’esercizio dell’arrampicata sportiva perché situate in prossimità di punti d’appoggio, pur appartenendo a strutture della cresta alpina. Alla stessa stregua possono essere considerati quegli itinerari alpinistici la cui temporanea iperfrequentazione ha richiesto interventi speciali ai punti di sosta per ragioni di sicurezza. Si tratta di itinerari che – almeno temporaneamente – non consentono più una vera esperienza alpinistica.
2) Altrove l’apertura di nuovi itinerari di scalata deve essere basata sulla struttura naturale della montagna e sul rispetto degli itinerari esistenti. L’uso dei mezzi artificiali che comportano la perforazione della roccia deve essere limitato a casi straordinari, simili a quelli in cui essi sono stati tradizionalmente tollerati, ossia ai casi in cui essi consentono il superamento di brevissime interruzioni della linea di salita naturale; e ai casi di emergenza.
3) Nella ripetizione di itinerari di scalata in arrampicata libera devono essere rispettate o ripristinate le protezioni disposte dai primi salitori o quelle riconosciute accettabili dopo un certo numero di ripetizioni.

Rispetto delle regole
La presente autoregolamentazione impegna direttamente quanti, singoli e associazioni, le hanno approvate o vi aderiranno, previa ratifica degli organi competenti. Le associazioni firmatarie provvederanno a sollecitarne e curarne il rispetto da parte dei propri soci, mediante pubblicazioni, scuole e ogni utile iniziativa. Eventuali inadempienze o violazioni potranno essere considerate quali comportamenti in contrasto con lo spirito dell’associazione e, quindi, quali violazioni di disposizioni associative con possibilità di comminare sanzioni disciplinari.
(*) Le relazioni presentate al Convegno di Courmayeur sono state pubblicate nella Rivista del CAI 1995 (novembre-dicembre, 13-18), 1996 (gennaio-febbraio, 82-88; marzo-aprile, 10-14; maggio-giugno, 23-26) 

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