Quando arrivano i nuovi: le scuole del CAI
Data evento:
di Samuele
Giovanni e Samuele sono due aiuto-istruttori della Scuola Castiglioni di Treviso oltre che membri di questo gruppo. Qui le loro riflessioni sul ruolo delle scuole di Alpinismo, pensate e dirette alle scuole di Alpinismo
A volte mi domando cosa io veramente voglia insegnare ai miei allievi dei corsi base di alpinismo come pure ai miei amici, che a volte coincidono. Il tecnicismo di corde e moschettoni mi lascia una soddisfazione noiosa di cosa ripetuta, in realtà quello che cerco di trasmettere è l’amore per la montagna, per la sua potenza e la sua eccezionalità per cui gli argomenti dei nostri corsi sono solo un utile corredo, ma quale corredo serve se gli sposi non si amano? È una vera gioia osservare i ragazzi dei corsi continuare ad andare in montagna rafforzati nella loro cultura mentre si prodigano essi stessi per dare ad altri la soddisfazione e la felicità che hanno ricevuto. Quello che ammiro con sincera gioia non è una sosta perfetta ma piuttosto una testa appassionata e convinta, decisa e cosciente delle difficoltà, in grado di affrontarle e di esaminarle con criterio, felice un giorno di contribuire alla crescita di altri.
Che senso ha un qualsiasi aggiornamento per istruttori se non si aggiorna costantemente la capacità di trasmettere la passione per l’andare in montagna e non si comunica quella felicità nel trasmettere necessaria al futuro del CAI? Aggiornare un istruttore, dare una visione corretta ed efficace delle protezioni da utilizzare in qualsivoglia situazione è essenziale ma quando avessimo pure fatto bene quanto sopra e bene lo insegnassimo nei corsi non avremmo fatto molto, se ci fossimo dimenticati di insegnare a trasmettere serenità e passione per la montagna in tutte le sue vesti, dure o favolose, sgargianti od opache. Agli allievi dobbiamo far vedere prati bellissimi, guglie lavorate dall’acqua e dal vento, cime grandi e piccole stagliarsi contro il cielo in modo da far capire quanto piccolo sia l’uomo e quanto rispetto dobbiamo portare alla montagna. Di modo che la parte più bella della salita non sia la cima ma il percorso che fin li ci porta!! Anche questo bisogna trasmettere, anzi dobbiamo sapere ed essere in grado di trasmettere proprio questo, senza darlo per scontato.
Riceviamo persone che vogliono imparare ad andare in montagna, spesso arrampicare, ma cosa avremmo dato loro quando gli avessimo spiegato tutto del mezzo barcaiolo? Nulla secondo me: una persona sveglia si scarica i documenti delle commissioni tecniche dalla rete, parla ed esce con altri ed ottiene tutti i tecnicismi che vuole. In più sempre più spesso è raro ricevere allievi con sufficiente esperienza di montagna, forti di passeggiate e ferrate, alcuni arrivano direttamente dalle “vasche” cittadine e la fatica non è quello che cercano, ci dobbiamo adeguare alle loro necessità o dobbiamo forzare verso il nostro punto di vista la loro visione? A mio modo di vedere non c’è passione dove non si sia disposti alla fatica ed al sacrificio, al versante Nord ed alla pioggia in via o sul sentiero. Chi arrivi viceversa con quelle disponibilità si trova a volte spaesato dal corso morbido rivolto agli allievi meno preparati o convinti, e quindi se esce deluso.
Sono un giovane aiuto in una piccola scuola ma li fuori gli allievi sono gli stessi per tutti e le teste degli alpinisti sono simili da sezione a sezione e da città a città e quindi mi permetto di indicare quelle che per me sono due priorità non pienamente espresse, al di la di manuali, dispense o cataloghi del migliore prezzo. Anzi forse quello che presenterei ai miei allievi è il catalogo del maggiore prezzo: dove la fatica è grande e dove tanto tempo, preparazione ed allenamento sono necessari, li solo capirai cosa realmente ti stiamo insegnando. Tra le cose che alla fine del corso dobbiamo pesare devono esserci quindi passione e partecipazione, non solo soddisfazione: dobbiamo insegnare anche e soprattutto per avere un ritorno umano da chi si avvicina al CAI.
Concludo rimarcando di essere certo di non scoprire l’acqua calda ma piuttosto di mettere in evidenza quella che sento come una mancanza attuale, di cui forse non si discute troppo, ma di cui dobbiamo dare conto agli allievi, cercando di spingere per ottenere persone consapevoli ed inclini a partecipare oltre che capaci.
Che senso ha un qualsiasi aggiornamento per istruttori se non si aggiorna costantemente la capacità di trasmettere la passione per l’andare in montagna e non si comunica quella felicità nel trasmettere necessaria al futuro del CAI? Aggiornare un istruttore, dare una visione corretta ed efficace delle protezioni da utilizzare in qualsivoglia situazione è essenziale ma quando avessimo pure fatto bene quanto sopra e bene lo insegnassimo nei corsi non avremmo fatto molto, se ci fossimo dimenticati di insegnare a trasmettere serenità e passione per la montagna in tutte le sue vesti, dure o favolose, sgargianti od opache. Agli allievi dobbiamo far vedere prati bellissimi, guglie lavorate dall’acqua e dal vento, cime grandi e piccole stagliarsi contro il cielo in modo da far capire quanto piccolo sia l’uomo e quanto rispetto dobbiamo portare alla montagna. Di modo che la parte più bella della salita non sia la cima ma il percorso che fin li ci porta!! Anche questo bisogna trasmettere, anzi dobbiamo sapere ed essere in grado di trasmettere proprio questo, senza darlo per scontato.
Riceviamo persone che vogliono imparare ad andare in montagna, spesso arrampicare, ma cosa avremmo dato loro quando gli avessimo spiegato tutto del mezzo barcaiolo? Nulla secondo me: una persona sveglia si scarica i documenti delle commissioni tecniche dalla rete, parla ed esce con altri ed ottiene tutti i tecnicismi che vuole. In più sempre più spesso è raro ricevere allievi con sufficiente esperienza di montagna, forti di passeggiate e ferrate, alcuni arrivano direttamente dalle “vasche” cittadine e la fatica non è quello che cercano, ci dobbiamo adeguare alle loro necessità o dobbiamo forzare verso il nostro punto di vista la loro visione? A mio modo di vedere non c’è passione dove non si sia disposti alla fatica ed al sacrificio, al versante Nord ed alla pioggia in via o sul sentiero. Chi arrivi viceversa con quelle disponibilità si trova a volte spaesato dal corso morbido rivolto agli allievi meno preparati o convinti, e quindi se esce deluso.
Sono un giovane aiuto in una piccola scuola ma li fuori gli allievi sono gli stessi per tutti e le teste degli alpinisti sono simili da sezione a sezione e da città a città e quindi mi permetto di indicare quelle che per me sono due priorità non pienamente espresse, al di la di manuali, dispense o cataloghi del migliore prezzo. Anzi forse quello che presenterei ai miei allievi è il catalogo del maggiore prezzo: dove la fatica è grande e dove tanto tempo, preparazione ed allenamento sono necessari, li solo capirai cosa realmente ti stiamo insegnando. Tra le cose che alla fine del corso dobbiamo pesare devono esserci quindi passione e partecipazione, non solo soddisfazione: dobbiamo insegnare anche e soprattutto per avere un ritorno umano da chi si avvicina al CAI.
Concludo rimarcando di essere certo di non scoprire l’acqua calda ma piuttosto di mettere in evidenza quella che sento come una mancanza attuale, di cui forse non si discute troppo, ma di cui dobbiamo dare conto agli allievi, cercando di spingere per ottenere persone consapevoli ed inclini a partecipare oltre che capaci.
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